Nel minuscolo paese di Pietrafredda, con i suoi tetti scoloriti e le strade di ciottoli consumati dal tempo, arrivò una notte un cane dal manto nero come l’inchiostro. Lo chiamarono Ombra, perché comparve all’improvviso durante un temporale, silenzioso come un fantasma. Nessuno sapeva chi fosse né da dove provenisse, ma ormai era diventato parte del villaggio.
Ombra non aveva mai mostrato aggressività: vagava placido tra la piazza e la chiesa, si fermava davanti al forno e poi si accucciava sotto il vecchio tiglio vicino alla scuola. Gli abitanti gli offrivano bocconcini e carezze, e lui li ricompensava con uno sguardo calmo e vigile. Tutto sembrava normale, fino al giorno in cui la straniera fece il suo ingresso.
Era un pomeriggio autunnale, l’odore di pioggia e castagne arrostite si mescolava nell’aria. Una giovane incinta, vestita di grigio chiaro, stava attraversando la piazza principale, accarezzandosi il ventre con gesto protettivo. Ombra, invece di ignorarla come faceva con gli altri, si mise ad abbaiare con furia disperata, ringhiando senza sosta e bloccando il suo cammino. La donna, spaventata, gridò, e alcuni paesani intervennero per allontanarlo, ma lui continuava a fissarla, come se volesse avvertirla di un pericolo.
Portarono il cane via e la donna proseguì verso la pensione dove alloggiava. Quella notte, però, la trovarono priva di sensi nella sua stanza. In ospedale emersero i fatti: il bambino nella pancia di lei era morto da giorni e un’infezione gravissima stava mettendo a rischio anche la sua vita. Nonostante gli sforzi dei medici, morì poche ore dopo, in uno stato di confusione in cui continuava a ripetere di sentire il suo piccolo muoversi.
Solo allora la gente di Pietrafredda ricordò l’ira di Ombra: non era un attacco, ma un allarme. Il cane aveva percepito la tragedia nascosta e aveva cercato di fermarla, di salvarla, con un istinto che nessuno avrebbe mai saputo spiegare.
Dopo quel giorno Ombra svanì, come era venuto, senza lasciare tracce. Ma ogni 17 ottobre, anniversario della scomparsa della donna, alcuni giurano di udire un lamento lontano nelle vie deserte del borgo: un ululato sommesso, carico di dolore, come se quella creatura solitaria piangesse ancora per ciò che non era riuscita a salvare.