«Nonna, la mamma ha detto che presto andrai a vivere in un posto dove stanno le signore anziane». Quelle parole, pronunciate con innocenza dalla piccola voce di sua nipote, si infilarono nel cuore di Teresa come spine.
Teresa Bianchi camminava come ogni giorno lungo il viale alberato che portava alla scuola elementare del paese, un tranquillo borgo nei pressi di Siena. I suoi passi erano leggeri, il foulard svolazzava nel vento primaverile, e il sorriso non le mancava mai. Oggi, però, c’era un’ombra nei suoi occhi: non era solo la solita passeggiata. Aveva appena firmato i documenti che confermavano il suo nome su un piccolo appartamento. Un monolocale modesto ma luminoso, comprato con fatica e anni di risparmi. La metà dei soldi era arrivata dalla vendita della sua vecchia casa in collina; l’altra metà, gliel’aveva prestata sua figlia Claudia. Un aiuto generoso, che Teresa si era promessa di restituire fino all’ultimo centesimo.
A sessantacinque anni, dopo aver perso suo marito e cresciuto da sola Claudia, Teresa si sentiva ancora utile, ancora viva. Era lei a prendere sua nipote, Emma, ogni giorno a scuola. Era lei a preparare la merenda, a raccontare favole, a consolare nei pomeriggi malinconici.
Quella volta, però, mentre tornavano verso casa tenendosi per mano, fu Emma a rompere il silenzio.
— La mamma ha detto al papà che andrai in un posto dove ci sono tante nonne. Ha detto che sarà meglio per te, che lì sarai seguita bene.
Teresa si fermò di colpo. Un nodo le strinse la gola. Guardò Emma, che continuava a camminare come se avesse detto qualcosa di normale.
— Come lo sai, amore mio?
— Li ho sentiti ieri sera. Stavano parlando piano, ma la porta era un po’ aperta… La mamma ha detto che tra un po’ sarai più stanca e che lì non sarai sola. Ma non voleva che lo sapessi.
Teresa fece uno sforzo per sorridere. — Non dire nulla alla mamma, va bene? È il nostro piccolo segreto.
Emma annuì, ignara della valanga che aveva innescato.
Quella sera, Teresa non riuscì a chiudere occhio. I pensieri la assalivano come onde in una tempesta. “Era tutto deciso? Avevano già pianificato di mettermi da parte? Dopo tutto quello che ho fatto?”
Tre mesi dopo, se ne andò. Prese poche cose, lasciò il resto in silenzio. Nessuna lite, nessuna scena. Scrisse solo una breve lettera: “Sto bene, ma ho bisogno del mio spazio. Non preoccupatevi.”
Ora vive in affitto nella parte alta del paese, vicino a dove era cresciuta da ragazza. Ha ritrovato alcune vecchie amiche, si arrangia con la pensione e sogna di poter un giorno ricomprare una piccola casa tutta sua. Ma dentro, il vuoto è profondo.
C’è chi mormora, chi giudica: “Avrebbe dovuto parlare con la figlia, chiarirsi.” Ma Teresa scuote la testa.
— Non sono stupida, — sussurra, guardando il vuoto. — Quando un bambino parla, dice quello che ha sentito. E quello che ho sentito io… è abbastanza.
Claudia non ha mai chiamato per chiederle perché se ne fosse andata. Forse sa, forse non osa. E Teresa aspetta. Ogni giorno si chiede se arriverà quel messaggio, quella voce, una mano tesa. Ma non chiama. L’orgoglio le stringe la gola, la delusione le piega le spalle.
E ogni sera, seduta accanto alla finestra, si chiede: “È davvero questo ciò che resta di una vita di amore, rinunce e dedizione? È questo il finale che merito?”
Ma il cuore, nonostante tutto, spera ancora.