Mio figlio ha 32 anni. Un tempo era un ragazzo pieno di vita, con sogni grandi e un cuore generoso. Mi sorprendeva con piccoli gesti d’affetto, come un mazzo di fiori senza motivo, e parlava del futuro con entusiasmo. Io e mio marito gli abbiamo dato tutto ciò che potevamo: un’educazione solida, amore incondizionato, il supporto necessario per costruirsi una vita serena.
Dopo il diploma si è iscritto all’università, ma ha preferito restare a vivere con noi. Non ci pesava: era il nostro unico figlio, e la sua presenza riempiva la casa di calore. Poi ha incontrato una ragazza speciale, intelligente e gentile. Quando lei si è trasferita da noi, ero sicura che insieme avrebbero costruito qualcosa di bello.
Ma col tempo ho iniziato a vedere segnali inquietanti. Dopo la laurea, mio figlio non ha mai cercato un lavoro. Passava le giornate davanti al computer, rinchiuso nel suo mondo virtuale, senza più ambizioni. La sua compagna ha provato a scuoterlo, a incoraggiarlo, poi ha iniziato a soffrire in silenzio. Alla fine, se n’è andata. Pensavo che la sua partenza sarebbe stata una scossa per lui. Invece, niente è cambiato.
La situazione ha logorato mio marito. Non sopportava vedere nostro figlio spegnersi così, senza una direzione. Le discussioni erano sempre più dure, finché, in un momento di rabbia e frustrazione, mio marito lo ha cacciato di casa.
Io non ho resistito. Dopo una settimana, mio figlio è tornato e non ho avuto il coraggio di lasciarlo fuori.
Poi è successo l’impensabile. Un giorno, rientrando a casa, ho trovato mio marito a terra. Il suo cuore aveva ceduto. Nell’altra stanza, mio figlio giocava con le cuffie nelle orecchie, ignaro di tutto. Se avesse chiamato aiuto, forse mio marito sarebbe ancora con me.
Dopo il funerale, qualcosa in lui si è spento del tutto. Non ha mostrato dolore, né rimorso. Non mi ha mai chiesto come stessi, non mi ha mai offerto una mano. Ha continuato a giocare.
Poi è iniziato il gioco d’azzardo online. All’inizio mi chiedeva piccole somme, poi sempre di più. Quando ho smesso di dargli denaro, ha iniziato a incolparmi per i suoi fallimenti, a urlarmi contro.
Un giorno, con gli occhi pieni di rabbia, mi ha gridato: “Un giorno te ne pentirai! Non alzerò un dito per aiutarti quando sarai vecchia e sola!”
Adesso vivo nella paura. Gli amici mi dicono di mandarlo via, di obbligarlo a prendersi le sue responsabilità. Ma come posso farlo? È mio figlio.
E se davvero un giorno mi abbandonasse? Se restassi completamente sola?