Papà, se te ne vai, la nuova mamma mi darà di nuovo la medicina, salvami – Le parole che distrussero ogni certezza.

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Mi chiamo Oleg e, fino a poco tempo fa, pensavo che la mia vita fosse perfetta. Avevo una carriera in ascesa, una famiglia che sembrava solida, e la mia relazione con Larisa sembrava un sogno. Ma nessuno mi aveva preparato a ciò che sarebbe accaduto nei giorni a venire.

Era un sabato mattina quando le dissi che dovevo partire per Brașov per motivi di lavoro. «Dovrò stare via un paio di giorni, un cliente importante ci sta dando dei problemi», le spiegai, cercando di decifrare la sua reazione.

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Larisa mi sorrise con quella dolcezza che mi aveva sempre fatto innamorare di lei. «Certo, tesoro. Sofia e io ce la faremo, come al solito.»

Stressed man with closed eys leaning on the gray wall

Tuttavia, quella mattina c’era qualcosa di diverso. Sofia, nostra figlia, non sembrava essere la stessa di sempre. Era seduta al tavolo, il suo sguardo vuoto, e quando Larisa le disse che saremmo stati solo noi due, Sofia non rispose. C’era una tensione che aleggiava nell’aria, qualcosa che non riuscivo a comprendere.

Mi distrassi con i preparativi per non pensare troppo alla scena. Prima di partire, abbracciai Sofia, ma quando lo feci, lei si strinse a me con una forza che non avevo mai visto. «Papà, non andare», mormorò, la sua voce tremante, carica di paura.

Le promisi che sarei tornato presto, ma dentro di me una sensazione di inquietudine cresceva. Sapevo che il nostro legame era forte, ma c’era qualcosa che mi turbava, qualcosa di profondo che non riuscivo a cogliere.

Una volta partito, seguii Larisa con discrezione, cercando di capire cosa stesse accadendo. La vidi uscire con Sofia e portarla a scuola, ma poi, invece di tornare a casa come mi aspettavo, si fermò al parcheggio della scuola e ritirò Sofia prima del previsto. Non capivo cosa stesse succedendo.

Quando finalmente tornarono a casa, qualcosa dentro di me mi spinse a seguire un impulso. Mi infilai nel giardino sul retro e, vedendo le finestre della cucina semiaperte, mi avvicinai per ascoltare.

«Sofia, mangia qualcosa e prendi la medicina», disse Larisa, la sua voce suonava distante, strana.

Sofia rispose con un tono che non le apparteneva: «Non voglio la medicina.»

A quel punto, un senso di angoscia mi invase. Guardando dentro, vidi Larisa con una scatola di pillole in mano. Non era qualcosa di adatto a una bambina, ma un sedativo forte, qualcosa che non doveva essere dato a una ragazzina.

Il mio corpo iniziò a tremare, e senza pensarci oltre, entrai in cucina. Quello che vidi mi colpì come un fulmine: Sofia, con gli occhi colmi di lacrime, tremava, e appena aveva preso la pillola, come se non ci fosse altra scelta. Larisa cercò di giustificarsi.

«Sono solo vitamine…» provò a spiegare, ma la sua voce tradiva la sua bugia.

Non riuscivo a credere a ciò che stavo vedendo. Mia figlia soffriva e io non me ne ero accorto. Non potevo permettere che andasse avanti così. «Fai le valigie e vattene», dissi con una calma glaciale. «Hai un’ora.»

Larisa cercò di ribattere, ma la situazione era ormai chiara. Non avrei mai permesso che Sofia soffrisse ancora, non avrei mai più tollerato un abuso psicologico e fisico come quello.

Sofia, con il volto segnato dal dolore, mi guardò e mi disse: «Papà, era sempre così quando tu non c’eri. Non mi sentivo al sicuro.»

Mi inginocchiai accanto a lei, e l’abbracciai come non avevo mai fatto prima. «Non preoccuparti, piccola. Non ti lascerò mai più sola. Sarò sempre qui per te.»

La decisione fu presa in un istante: tutto sarebbe cambiato. La mia priorità era chiara: Sofia. Il nostro legame sarebbe stato l’unica cosa che contava. Da quel momento in poi, avrei fatto qualsiasi cosa per proteggerla.

Nei giorni successivi, mi rivolsi a un avvocato per iniziare le pratiche del divorzio e feci terapia con Sofia, cercando di aiutarla a ritrovare il suo sorriso. Ogni sera, prima di dormire, le leggevo storie, e insieme parlavamo della nostra giornata, riscoprendo la bellezza dei momenti che avevamo condiviso.

Un giorno, mentre le stavo mettendo il pigiama, Sofia mi guardò negli occhi e, con un filo di speranza, mi chiese: «Papà, credi che un giorno troverai qualcuno che ci amerà come te?»

Le sorrisi, accarezzandole i capelli. «Forse, tesoro. Ma per ora non c’è fretta. Noi due, contro il mondo. Sempre.»