Rientrando a casa, ho salito le scale e ho suonato il campanello come sempre. Nessuna risposta. Ho bussato. Silenzio. Un senso di inquietudine mi ha colpito. Ho infilato la chiave nella serratura ed entrato.
La scena davanti a me mi ha fatto gelare il sangue. La TV trasmetteva immagini senza spettatori. Il frigorifero era rimasto socchiuso, illuminando debolmente la cucina. Sul pavimento, un caos inaspettato: vestiti sparsi, asciugamani ammucchiati, giocattoli disseminati.
Ho avanzato lentamente, con il cuore martellante. In bagno, una pozza d’acqua rifletteva la luce soffusa. Qualcuno era uscito di corsa.
Dov’erano mia moglie e mio figlio?
Il telefono di lei risultava spento. Ho provato a razionalizzare. Un furto? Ma in casa non c’era nulla di valore. Una fuga improvvisa? Il panico ha cominciato a serpeggiare dentro di me.
Poi, alle mie spalle, il suono inconfondibile di passi.
“Amore, sei già tornato?”
Mi sono voltato di scatto. Mia moglie era sulla soglia, tranquilla, una borsa della spesa tra le mani.
“Cosa sta succedendo qui? Dov’è nostro figlio? Perché non rispondevi al telefono?”
Lei ha posato la borsa con calma, togliendosi la giacca.
“Che domande… Com’è andata la tua giornata?”
Il mio respiro era corto, la tensione mi divorava.
“Dove. È. Nostro. Figlio?”
Ha sollevato un sopracciglio, sorpresa dalla mia agitazione.
“Da mia madre. Sono uscita solo mezz’ora per fare la spesa.”
L’ho fissata incredulo, osservando il disordine intorno.
“E tutto questo?”
Si è lasciata cadere sul divano, stiracchiandosi con un sorriso.
“Chiedimi cosa ho fatto oggi.”
“…Cosa?”
Si è appoggiata allo schienale, sbadigliando con soddisfazione.
“Assolutamente niente. Mi sono semplicemente riposata.”