Novembre si stendeva sul villaggio come un velo freddo e malinconico. L’aria umida impregnava le strade deserte, mentre il vento trascinava gli ultimi brandelli d’autunno, facendo danzare le foglie secche in un turbinio silenzioso. Il cielo, grigio e pesante, premeva sull’orizzonte con una presenza opprimente.
Vania si strinse nelle spalle e lasciò andare un lungo sospiro prima di sedersi sul bordo del letto.
— È ora di alzarsi…
La casa era immersa nel silenzio, interrotto solo dal ticchettio sommesso dell’orologio a pendolo nell’angolo della cucina. La stufa si era spenta da ore e il gelo aveva ormai conquistato ogni angolo.
Sbirciò nella stanza della madre. La donna giaceva sotto una coperta logora, il volto pallido, segnato dalla fatica. Anche nel sonno, la tosse non le dava tregua.
— Mamma? — mormorò Vania, con voce bassa per non svegliare la sorellina.
Lei aprì gli occhi lentamente e gli rivolse un sorriso stanco.
— Va tutto bene, tesoro…
Ma lui sapeva che non era vero.
Si avvicinò, prendendole la mano gelida tra le sue.
— Riposa, mamma. Penserò io a tutto.
Lei gli strinse la mano con un gesto lieve, il suo sguardo carico di dolcezza e malinconia.
— Sei tu l’uomo di casa ora…
Vania annuì. Lo aveva capito già da tempo.
Scostò la tenda della cameretta accanto e vide Ksenija ancora immersa nel sonno. Aveva sei anni e stringeva tra le braccia un vecchio orsetto di pezza, il viso sereno e ignaro delle preoccupazioni che gravavano sulle spalle del fratello.
«Lasciala dormire ancora un po’…» pensò, avvolgendosi nella sua giacca ormai troppo stretta e preparandosi a uscire.
Il freddo lo accolse con una stretta pungente non appena varcò la soglia. Il ghiaccio sotto i suoi piedi scricchiolava, e il suo respiro si trasformava in nuvole di vapore bianco.
Afferrò l’ascia e si incamminò verso il boschetto ai margini del villaggio.
Nel cuore della foresta, il mondo sembrava trattenere il fiato. Gli alberi secolari si ergevano come giganti silenziosi, immobili sotto il peso dell’inverno in arrivo.
Scelse un tronco non troppo grande e cominciò a lavorare, ignorando il gelo che gli intorpidiva le dita.
«Non posso ammalarmi.»
Era un pensiero semplice, ma carico di determinazione.
Dopo un’ora di fatica, raccolse il legname e lo caricò sulle spalle.
Attraversando il villaggio, osservò i comignoli fumanti delle altre case. La vita andava avanti, anche nel freddo.
Quando raggiunse la loro piccola casa di legno con la staccionata storta, si fermò un istante a riprendere fiato.
Si voltò a guardare l’orizzonte, poi strinse le mani attorno alla legna e fece un passo avanti.
— Ce la faremo… — sussurrò a se stesso, con la fermezza di chi non ha scelta.
E varcò la soglia, sentendosi un po’ più grande di ieri.