Il cappuccino si era ormai raffreddato, ma Claudia lo stringeva ancora tra le dita, come se quel tenue tepore potesse ritornare per magia. Dal ristorante panoramico al ventunesimo piano, la città si apriva in tutto il suo splendore serale. Eppure, per lei, era solo un mosaico sfuocato di luci. I suoi occhi erano fissi su una scena all’altro capo della sala.
Lì, seduto con disinvoltura, c’era Lorenzo. Suo marito. E non era solo.
Accanto a lui, una donna troppo giovane per essere una collega. Rideva, inclinando la testa con quella confidenza che non si simula. Lorenzo le sfiorava le dita, le parlava a bassa voce. Claudia non distolse lo sguardo. Non sentiva rabbia. Non più. Solo una chiarezza brutale che arrivava tardi ma giusta.
Anni di cene saltate, scuse vaghe, silenzi lunghi come deserti. E adesso? Adesso Lorenzo sembrava avere tutto il tempo del mondo. Per qualcun’altra.
Un cameriere si avvicinò con passo discreto.
«Desidera altro, signora?»
Claudia sollevò lo sguardo, la voce ferma: «Sì. Vorrei offrire la cena a quel tavolo laggiù. Ma senza rivelare da chi proviene.»
Il cameriere esitò, poi annuì. Claudia porse la carta di credito. Era la stessa che Lorenzo le aveva dato “per i suoi capricci”, come aveva detto con tono distratto mesi prima. Stavolta, l’avrebbe usata per qualcosa di serio.
Uscì senza che Lorenzo la vedesse. O magari la vide, e preferì ignorarla. Nessuna differenza.
Una volta a casa, si tolse gli orecchini e si sedette davanti al portatile. Creò una nuova cartella sul desktop: “Ricominciare”. Poi prese una cartelletta nascosta in fondo a un cassetto. Contratti, visure catastali, firme. Cinque anni prima aveva venduto l’appartamento lasciatole da suo padre e, su insistenza di Lorenzo, aveva investito nella sua start-up. Ma la casa, quella l’aveva intestata a sé. Perché aveva capito, anche allora, che la fiducia cieca è un lusso che non sempre si può permettere.
Il telefono vibrò sul tavolo. Un messaggio. “Riunione lunga. Non aspettarmi sveglia.”
Claudia sorrise. Un sorriso asciutto, consapevole. Compose il numero dell’avvocato.
«Domani mattina. Studio Legale Bernardi. È urgente.»
Il giorno dopo, si alzò presto. Mentre Lorenzo russava ancora, lei si vestì con calma. Gonna dritta, camicia bianca, scarpe basse. Sicura. Decisa.
Quando lui si affacciò in cucina, più tardi, sembrava il solito.
«Ieri è stata una giornata piena. Abbiamo quasi chiuso l’accordo.»
Claudia lo guardò appena. «Accordo? Ah, certo. Immagino che ci sia stato molto… da discutere.»
Lorenzo la fissò. «Che intendi?»
«Nulla. Solo che oggi ho io un incontro importante.»
Lo studio legale profumava di cuoio e decisioni definitive. L’avvocato la accolse con un sorriso sottile.
«Ha con sé tutti i documenti?»
Lei annuì. «E la volontà di procedere con ordine. Nessuna fretta, ma chiarezza assoluta.»
Nel pomeriggio, Claudia entrò in banca. Voleva separare tutto: conto, investimenti, deleghe. Il direttore, un uomo sulla cinquantina, la osservò con rispetto.
«Ha già parlato con suo marito?»
«Lo scoprirà al momento giusto. Preferisco le sorprese equilibrate.»
Quella sera, Lorenzo era agitato.
«La carta non funziona. Cos’è successo?»
«Problema tecnico, forse. O forse il sistema ha capito che era ora di aggiornarsi.»
Lui sbiancò. «Cosa stai insinuando?»
«Niente. Anzi… com’era la cena, ieri?»
Lorenzo non rispose. Ma gli occhi dicevano tutto.
Il giorno del loro anniversario, lui si presentò con una scatola elegante e una prenotazione al ristorante dove si erano fidanzati.
Claudia accettò la scatola, poi gli porse una busta.
«Anche io ho un pensiero per te.»
Dentro c’erano i documenti per la separazione, l’atto di proprietà della casa, e una ricevuta con la scritta: “Cena per due – omaggio”.
Lorenzo spalancò gli occhi. «Ma che diavolo significa?»
Claudia si alzò. «Significa che dopo vent’anni ho deciso di scegliere me stessa. E ho prenotato anche io… ma un treno. Destinazione: Maremma. Un posto dove l’aria è pulita, e le promesse non hanno doppio fondo.»
Uscì senza voltarsi. In fondo alla strada, un taxi l’aspettava col motore acceso.
Nel cuore, non c’era più amarezza. Solo la dolcezza feroce della libertà.
Quella vera.
Quella che si costruisce da soli, mattone dopo mattone.