Quando ho visto mia madre, settantenne, uscire dalla boutique del centro con una busta rigida firmata Dior, ho pensato fosse uno scherzo. Mia madre, Lucia, la donna più parsimoniosa che conosca, che da anni taglia i bottoni dalle camicie vecchie “perché possono servire”, aveva appena speso — scoprii poi — quasi settemila euro per un abito da sera color oro antico, cucito a mano a Parigi.
“Ma sei impazzita?”, le chiesi il giorno dopo, nel suo appartamento ordinato come un laboratorio svizzero.
Lei, serena, piegava con cura il vestito sopra al letto come se fosse seta sacra. “Non sono impazzita. Era ora.”
Mi sedetti. “Ora cosa?”
“Che mi vestissi come ho sempre sognato.”
Le sue parole mi colpirono più della cifra. Mia madre non era mai stata vanitosa. Era cresciuta in campagna, terza di sei figli, tra sacrifici e doveri. A 19 anni lavorava già in fabbrica. A 23 aveva me. La sua vita era stata una lunga linea retta di rinunce silenziose. Scarpe pratiche. Vestiti comodi. Cibo sano ma mai costoso. Nessun vizio. Nessun capriccio.
“E perché adesso?”, chiesi, ancora confusa.
Lei si alzò, prese una scatola da sotto il letto e la poggiò sul tavolo. Dentro c’era un invito: Serata di gala per il cinquantesimo anniversario del Conservatorio Nazionale di Musica. In fondo, il nome: Lucia Ferri, pianista ospite d’onore.
Rimasi a bocca aperta.
“Non ti ho mai detto tutto, lo so. Ma prima che tu nascessi, suonavo il pianoforte. Ho vinto concorsi. Poi… beh, la vita è andata diversamente.”
Avevo un nodo in gola.
“Mi hanno chiamata per suonare Rachmaninov. E ho pensato: se questa è l’unica occasione che ho per tornare ad essere quella che ero… allora voglio farlo da regina.”
E il vestito — lungo, elegante, con dettagli d’ambra sul corpetto — era il suo modo di dirlo al mondo.
Quella sera ero in platea. Mia madre entrò sul palco come un’icona uscita da un sogno. Le luci danzavano sul tessuto dorato, e ogni nota che suonava raccontava una storia che non avevo mai sentito. Non era solo musica. Era una rivincita, una dichiarazione, un’esplosione di tutto ciò che aveva messo da parte per settant’anni.
E io, figlia orgogliosa e finalmente consapevole, non potei fare altro che alzarmi in piedi e applaudire con le lacrime agli occhi.