Tim non riusciva più a sopportare l’anziana Gloria. Ogni volta che uscivano insieme, la gente li guardava come se fosse la sua nonna, e lui si sentiva umiliato. «Sei troppo vecchia e lenta, mamma! Perché ti sei ostinata a volermi?», sbottò una sera, la voce carica di rabbia. Gloria lo guardò con gli occhi lucidi, ma non disse nulla.
Tim prese il suo zaino e uscì di casa sbattendo la porta. Camminava senza meta sotto la pioggia, mentre dentro di sé cresceva un misto di vergogna e risentimento. Quando tornò tardi quella notte, trovò una vicina, la signora Teresa, ad aspettarlo sulla soglia.
«Tim, sei davvero crudele», disse lei, stringendolo per il colletto. «Tua madre è malata da giorni, e tu la tratti così?»
«Non è nemmeno mia madre!» rispose Tim, quasi urlando.
Teresa lo fissò con occhi pieni di tristezza. «Davvero? Vuoi sapere la verità?»
Lo trascinò in casa e gli mostrò una cartella piena di documenti medici e legali. «Tua madre, Gloria, non ti ha mai dato alla luce. È una donna straordinaria che ti ha adottato quando eri solo un neonato. I tuoi genitori biologici ti hanno abbandonato, ma lei ha deciso di amarti come una vera madre.»
Tim sentì il mondo crollargli addosso. Le sue parole dure, i suoi giudizi, erano stati rivolti a una donna che lo aveva salvato, cresciuto e amato senza condizioni.
«Perché non me l’hai mai detto?» chiese, la voce spezzata.
Gloria, entrata silenziosamente nella stanza, si avvicinò e lo abbracciò. «Perché l’amore vero non ha bisogno di legami di sangue, Tim. Io ti ho messo al mondo con il cuore.»