Una donna sposata con un uomo benestante, sospettando che lui la tradisse, decise di consultare un indovino. Ma ciò che accadde successivamente fu davvero sorprendente

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Evgenia e Inna erano sedute al bar da un’ora ormai, i loro sguardi fissi sulla strada oltre la vetrina. La tensione si poteva quasi toccare: aspettavano qualcosa, o meglio, qualcuno. Avevano già svuotato due tazze di caffè ciascuna e fatto sparire ogni briciola dei dolci ordinati, ma fuori nulla accadeva. Il silenzio tra loro divenne pesante finché Evgenia, spazientita, sbottò:

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«Inna, basta così! Sono stufa di fissare questa finestra per niente. Nessuno è apparso! Sei sicura di aver visto bene? Artem non è quel tipo di uomo, lo conosco da metà della mia vita. Sì, è testardo e a volte insopportabile, ma non è un traditore! Andiamo via, la gente comincia a guardarci storto.»

Inna, però, non fece una piega. «Aspetta ancora dieci minuti, vedrai. È l’orario di uscita dagli uffici, arriveranno presto. Te lo ripeto, ho visto tuo marito con una donna elegante, più di una volta. È la sua amante, ne sono certa. Oh, eccoli!»

Evgenia si avvicinò alla vetrina e il suo cuore sembrò fermarsi. Artem era appena uscito dall’ufficio, ma non era solo. Accanto a lui, una giovane donna dalla figura sinuosa gli stringeva la mano. Lui le aprì la portiera dell’auto con una delicatezza insolita, poi le sfiorò la guancia con un bacio leggero. Dal modo in cui la guardava, non c’erano dubbi: trasudava felicità.

Il sangue di Evgenia si gelò. Un’ondata di calore le salì al volto, la vista si appannò e un gemito involontario le sfuggì dalle labbra. Inna si affrettò a porgerle un tovagliolo e un bicchiere d’acqua.

«Gen, ti senti bene? Ti ho detto la verità, ma non volevo farti stare così male…»

Evgenia bevve un sorso d’acqua e inspirò profondamente. «Smettila. Sto bene… è solo il caffè che mi ha agitata. Magari non è quello che sembra. Potrebbe essere una collega o una vecchia amica. Lascia perdere questi drammi da detective. Io vado a casa, ho una cena da preparare prima che Artem rientri.»

Inna la guardò con disapprovazione. «Va bene, fai finta di niente. Ma non puoi scappare dalla verità.»

E mentre Evgenia tornava a casa, un vortice di pensieri la consumava. E se fosse vero? Dieci anni insieme e mai un figlio… Forse Artem aveva trovato in un’altra donna ciò che lei non era riuscita a dargli?

Quella sera, la pioggia batteva incessante sui vetri. Artem non era ancora tornato. Evgenia si sedette vicino alla finestra, avvolta nei suoi pensieri. Ricordò la sua infanzia difficile, il padre burbero e alcolizzato, la madre sempre stanca. A scuola era un’emarginata, presa in giro per i vestiti logori e il vecchio zaino. L’unico a starle accanto era Matvey, il suo migliore amico. Silenzioso, timido, ma sempre pronto a difenderla.

Dopo il liceo, la sua vita era cambiata. Si era laureata con il massimo dei voti e aveva trovato lavoro in una grande azienda. Fu lì che conobbe Artem, il giovane dirigente dai modi arroganti. All’inizio lo detestava, ma una notte, a una festa aziendale, qualcosa tra loro si accese. E, senza nemmeno accorgersene, si ritrovò sua moglie.

Ma l’amore di una volta sembrava ormai un’eco lontana. Artem si era fatto sempre più distaccato, preso dal lavoro, distante nei gesti e nelle parole.

Un tuono la scosse dai suoi pensieri. Guardando fuori, notò un uomo seduto su una panchina sotto la pioggia battente. Sembrava un senzatetto, tremante e rannicchiato nel suo cappotto fradicio. Una fitta di compassione le trafisse il petto. Io ho una casa calda, cibo, un tetto sopra la testa… lui cosa ha?

Seguendo un impulso, uscì sotto la pioggia e gli si avvicinò. «Signore, venga dentro. Almeno si asciughi e beva qualcosa di caldo.»

L’uomo sollevò lentamente il volto e i loro sguardi si incrociarono. Evgenia sussultò. Quegli occhi… impossibile!

«Matvey?!»

Lui la fissò confuso. «Mi conosci?»

Il cuore di Evgenia perse un battito. Matvey, il mio vecchio amico d’infanzia… ma lui non sembrava riconoscerla.

Lo fece entrare, gli diede degli abiti asciutti e un po’ di cibo caldo. Quando Artem rientrò e lo vide, si infuriò.

«Chi diavolo è questo? Porti un barbone a casa nostra mentre io sono via? Complimenti, Evgenia. Sai una cosa? Non ho più bisogno di fingere. Ti volevo lasciare da tempo. Consideralo un addio.»

E così, Artem se ne andò sbattendo la porta, gettando sulle spalle una valigia già pronta.

Evgenia si sentì svuotata. Era davvero così facile per lui andarsene? Guardò Matvey, che si teneva la testa tra le mani. «Mi dispiace, non volevo causarti problemi…»

Lei scosse la testa. «Non è colpa tua. Lui aveva già deciso da tempo. Ma ora dimmi, Matvey… cosa ti è successo?»

Scoprì che Matvey era stato derubato e lasciato privo di sensi da alcuni malviventi. Aveva perso la memoria e aveva vagato per giorni senza sapere chi fosse. Ma mentre parlavano, qualcosa in lui si sbloccò. I ricordi iniziarono a riaffiorare. E con essi, anche un sentimento mai dimenticato.

«Zhenya… a scuola ero innamorato di te. Ma tu non te ne sei mai accorta.»

Evgenia sentì il cuore stringersi. Matvey… il mio migliore amico… e io non l’avevo mai saputo.

Da quella notte, tutto cambiò. Matvey rimase con lei, la sostenne durante il difficile divorzio. Fu lui a difenderla dai pettegolezzi, dalle accuse ingiuste di Artem. Fu lui a restare quando tutti gli altri se ne andarono.

E, un anno dopo, si ritrovarono davanti all’altare. Senza sfarzo, senza lusso, ma con la certezza di aver trovato finalmente la felicità.

Quando Evgenia scoprì di essere incinta, pianse di gioia. Dopo anni di tentativi falliti, il destino le aveva concesso il dono più grande.

Una sera, Matvey tornò a casa con un gattino grigio tra le braccia. «Amore, guarda chi ho trovato!»

Evgenia rise, stringendolo forte. Finalmente era felice.

E ogni volta che passeggiava nel parco con Matvey e il loro bambino, ripensava a quella cartomante che un anno prima le aveva detto: «Accogli nella tua casa un vagabondo, e troverai la tua felicità.»

Forse non erano solo parole. Forse, il destino aveva davvero guidato la sua mano.

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