Ogni sabato mattina, si ritagliava un’ora per il mercato del centro. Diceva che lo faceva per comprare verdura fresca, ma in realtà cercava altro.

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Lorenzo non era mai stato un uomo incline alla poesia. Il suo mondo era fatto di righe dritte, travi portanti, calcoli strutturali. Ma ogni sabato, all’alba, indossava il suo cappotto lungo, prendeva la bici e si dirigeva al mercato del centro. Non per necessità — viveva da solo e cucinava poco — ma perché lì, tra odori di basilico e cassette di legno, sentiva qualcosa che gli mancava e che non sapeva nominare.

La prima volta che vide Giulia, fu come inciampare nei suoi pensieri. Stava ferma, assorta davanti a una cassetta di zucchine, con un’espressione che sembrava ascoltare, più che guardare. Non le sfiorava, non le annusava. Le contemplava.

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— Le piace la campagna? — chiese Lorenzo, attirato da quel silenzio eloquente.

Giulia lo guardò, sorridendo come si fa con i vecchi amici.

— Mio padre aveva le mani sporche di terra e le unghie spezzate, ma quando raccoglieva un pomodoro, sembrava stesse tenendo in mano la vita stessa. Io… la campagna la porto qui — si toccò il petto.

Iniziò così un rituale che durò mesi. Ogni sabato, Lorenzo la aspettava tra le bietole e i finocchi. A volte le portava carote, altre un mazzetto di rosmarino. Lei contraccambiava con storie. Mai banali. Erano memorie vive, vissute. Un padre tornato dal fronte con la terra nei polmoni. Una radio che gracchiava jazz durante i bombardamenti. Un amore giovane lasciato alla stazione e mai più rivisto.

Quando Giulia non si presentò per tre sabati consecutivi, Lorenzo capì. La cercò, la trovò in un letto d’ospedale, fragile ma ancora luminosa.

— Mi porti ancora un pomodoro? Uno solo. Il più rosso.

Fu l’ultima cosa che gli chiese.

Dopo il funerale, Lorenzo tornò al mercato. Il banco delle zucchine sembrava più freddo, più silenzioso.

Quel giorno lasciò un biglietto scritto a mano, con un elastico legato a un sacchetto di semi:

“In memoria di Giulia. Se non puoi portare un fiore, porta un ricordo. Se non hai una storia, ascolta quella di qualcun altro.”

E da quel giorno, il banco divenne un piccolo santuario di vite condivise. Perché a volte, il cuore si nutre più di ascolto che di cibo.