Quattro anni di convivenza forzata: tensioni, sacrifici e speranze in un piccolo trilocale fiorentino»

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Quattro anni di convivenza forzata in un piccolo trilocale alla periferia di Firenze. Io, mio marito e la nostra bimba di due anni condividiamo lo spazio con sua madre, Rosalba Rossi. È una questione di necessità: i nostri stipendi, pochi e precari, bastano a malapena per il cibo, i pannolini e le bollette. Un’altra casa è un sogno lontano, così facciamo quello che possiamo.

Rosalba non è una cattiva persona, anzi. A volte tiene la bambina mentre io devo correre in farmacia o a una visita medica. Ma la convivenza è diventata un terreno minato. Piccole tensioni che crescono ogni giorno, fino a diventare esplosioni improvvise.

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Le critiche di Rosalba sono ormai una costante: “Hai lasciato la pasta fuori”, “Hai mangiato il mio yogurt”, “Hai spostato la mia tazza”. Cerco di essere paziente, di accettare senza rispondere, ma un giorno è stato troppo. Quando mi ha accusato di aver fatto sparire la sua minestra, ho deciso di proporre una soluzione semplice: dividere il frigorifero. Uno scaffale per lei, uno per noi, così da rispettare gli spazi e mettere fine ai continui rimproveri.

Ma Rosalba ha reagito male. Ha alzato la voce, ricordandomi che questa è casa sua e che in casa sua non si fanno queste divisioni. “Se vivessi con altre ragazze, si condivide tutto. Qui siamo famiglia, mica coinquilini,” ha detto, con fermezza.

Non posso negare che lei sia esperta nel risparmiare: conosce ogni mercato, ogni offerta, e riesce a portare a casa cibo a basso costo. Io, invece, non ho né tempo né energie per simili giri. Eppure, ogni suo sforzo sembra solo un motivo per nuove lamentele.

Ho provato a parlarne con mio marito, suggerendo di affittare anche solo un piccolo monolocale. Ma lui teme di offendere sua madre e si blocca. E io mi sento invisibile, come se nessuno si preoccupasse davvero di me.

Le cene in famiglia dovrebbero unire, ma da noi finiscono sempre in urla e silenzi pesanti. A volte sogno di vivere in un posto dove nessuno gridi, dove possiamo respirare senza paura di un altro conflitto.
Forse, un giorno, quel sogno diventerà realtà.