«Sei tu la colpevole della tua mancanza di soldi: nessuno ti ha obbligato a sposarti e fare figli», mi ha detto mia madre, senza nemmeno abbassare lo sguardo dal suo piatto di pasta.
Ero lì, seduta nella sua cucina, col cappotto ancora sulle spalle. Pensavo che sarei riuscita a parlarle. Pensavo che, forse, avrebbe capito. Invece mi ha tagliata fuori con una frase sola.
Avevo trentadue anni, due figli e un mutuo bloccato da mesi. Il mio contratto da segretaria part-time non bastava, e Marco — mio marito — era in cassa integrazione da quasi un anno. Ci stavamo aggrappando a ogni centesimo.
Chiedevo solo un prestito. Mille euro. Promettevo di restituirli in tre mesi. Avevo fatto i conti. Bastava poco per respirare.
Mia madre non ha nemmeno preso fiato prima di spararmi addosso quelle parole.
E la cosa peggiore? Non sembrava arrabbiata. Sembrava indifferente.
Mi sono alzata, il cuore in gola, ma ho fatto finta di niente. Ho ringraziato. Ho chiuso la porta dietro di me come se niente fosse.
Solo quando sono arrivata in macchina ho lasciato che le lacrime mi scivolassero sulle guance.
Una settimana dopo, Marco ha avuto un’offerta. Un lavoro stagionale in una serra, lontano da casa, in Puglia. Sarebbe andato solo lui, e ci avrebbe mandato i soldi.
Non era l’ideale, ma era qualcosa.
Io restavo con i bambini. Giorni pieni, notti spezzate. Niente asilo: troppo caro. Facevo i turni notturni in un call center, pagato a risposta. Durante il giorno cercavo di farli dormire abbastanza da poter almeno lavare i piatti e preparare il pranzo.
Una sera, mentre tenevo Emma in braccio e aiutavo Luca con i compiti, mia madre mi ha mandato un messaggio.
“Ti serve qualcosa?”
L’ho guardato a lungo. Poi ho risposto:
“No. Grazie.”
Era vero. A quel punto, non avevo più bisogno di lei.
Un anno dopo, Marco è tornato. Con abbastanza da riprendere il mutuo e mettere da parte qualcosina. Io avevo ottenuto un contratto stabile, proprio in quel call center maledetto. Avevo anche trovato una ragazza che, in cambio di lezioni di italiano, mi teneva i bambini per due pomeriggi a settimana.
Non era la vita che avevo sognato. Ma era nostra. Vera. Conquista dopo conquista.
Un giorno, durante una visita, mamma ha guardato Luca correre in salotto e ha detto:
«Sei stata brava, nonostante tutto.»
Ho sorriso. Ma non ho detto nulla.
Perché nonostante tutto era anche nonostante lei.