Dopo il funerale di mia figlia, ho sentito per caso il mio fidanzato parlare. In quel momento, ho capito: non c’era un secondo da perdere.

Advertisements

Era un tardo pomeriggio di fine autunno, e il cielo basso lasciava scivolare una luce grigia, quasi irreale, su una piccola cittadina dimenticata. Nel parco centrale, le foglie secche danzavano portate dal vento freddo, tra le panchine vuote e gli alberi spogli.

Elena camminava lentamente, con le mani infilate nelle tasche del cappotto. Aveva gli occhi stanchi, il volto segnato da notti insonni e silenzi lunghi come un inverno senza fine. Aveva perso qualcosa di insostituibile: la sua bambina, Sofia, strappata via in un attimo. Ma quella sera non era al cimitero. No. Era al bar del centro, nascosta dietro un caffè ancora caldo, ad ascoltare senza volerlo la conversazione di chi pensava di non essere udito.

Advertisements

Seduto al tavolo vicino, c’era Marco, il suo compagno da poco tempo, che parlava al telefono con voce tesa.

«Non posso più aspettare, Elena deve capire… Non possiamo restare fermi. Non si può sprecare nemmeno un secondo.»

Quelle parole la trafissero come un colpo secco al cuore. Il dolore si fece più acuto, la paura di perdere ancora tutto si fece viva.

Marco aveva ragione, non si poteva sprecare tempo. Ma come ricominciare, quando ogni istante sembrava una montagna da scalare?

Elena chiuse gli occhi e si ricordò il giorno in cui tutto era iniziato: l’ufficio caldo di una piccola agenzia, l’incontro con Marco. Lui aveva uno sguardo gentile, una presenza rassicurante in mezzo al caos della vita. La loro storia era nata lentamente, tra pause caffè e conversazioni a metà sussurro, come se il mondo intorno potesse esplodere da un momento all’altro.

Lei aveva imparato a fidarsi, a sperare di nuovo, nonostante tutto. E quando aveva scoperto di essere incinta, la vita sembrava ancora una volta possibile, fragile ma piena di promesse. Avevano scelto il nome Sofia insieme, sognando giorni di risate e abbracci.

Ma la realtà era stata diversa. Un improvviso malore, la corsa in ospedale, la silenziosa tragedia di una vita che non era riuscita a cominciare davvero.

Ora, seduta in quel bar, Elena sentiva una nuova forza farsi strada dentro di sé. Marco stava parlando di futuro, di non restare immobili davanti al dolore. Forse era il momento di rialzarsi, di trovare un senso anche nel buio.

Si alzò, lasciò qualche moneta sul tavolo e si avviò verso la porta. Il vento d’autunno la accolse come un soffio di rinascita.

Non si poteva sprecare nemmeno un secondo.