Per anni avevo tollerato tutto: le intrusioni improvvise di mia suocera, il suo modo di sminuire quello che facevo, di decidere come dovesse essere “la nostra” casa.

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“No, mamma. Non verrai più da noi. Né oggi, né domani, né mai più.” Questa volta la mia pazienza era davvero finita.

Per anni avevo tollerato tutto: le intrusioni improvvise di mia suocera, il suo modo di sminuire quello che facevo, di decidere come dovesse essere “la nostra” casa. Era sempre per “Annalisa”, diceva lei, sua nipote, la figlia di mio marito Luca, che invece di proteggere le mura di casa nostra sembrava offrirle alla mamma senza pensarci due volte.

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Quel pomeriggio ero andata a prendere Annalisa all’asilo, ma avevo dimenticato il borsone con il cambio. Luca aveva chiesto a sua madre di portarmelo a casa nostra, dato che lui era bloccato in ufficio. Non avrei mai immaginato che quell’atto semplice avrebbe fatto scattare la miccia.

Quando sono tornata, ho trovato la porta del salotto socchiusa. Dentro, sulla poltrona preferita di Luca, sedeva sua madre, con in mano il mio telefono.

“Cosa stai facendo qui?” ho chiesto, la voce ferma ma il cuore in subbuglio.

“Solo volevo fare una chiacchierata con Annalisa,” ha risposto lei, sorridendo con quell’aria di chi ha sempre ragione.

“Ma ti ho detto che non voglio che entri qui senza chiedere.”

Ha alzato le spalle, come se la mia opinione fosse un fastidio. Poi, prima che potessi fermarla, ha preso il telefono e ha iniziato a scorrere le mie foto, ridendo e commentando a voce alta, senza rispetto.

Ho sentito qualcosa dentro di me rompersi.

Ho chiamato Luca, che arrivava a casa in quel momento.

“Mamma non rispetta i nostri limiti. Non posso più permetterle di fare così.”

Luca, per la prima volta, ha guardato sua madre con occhi diversi.

“Senti, mamma,” ho detto, “da oggi in poi, questa è casa nostra. O ci stai dentro rispettando noi, o non ci stai più.”

Da quel giorno, la porta è rimasta chiusa per lei. E questa volta nessuno ha detto una parola.