Mia suocera mi ha colpita davanti a mio marito, e il giorno dopo sono sparita: lui si è svegliato solo in un appartamento vuoto

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Irina Viktorovna non aveva mai nascosto il suo disprezzo per Natasha, la nuora. Una donna gentile, educata e con modi raffinati, ma agli occhi di Irina era solo una “signorina viziata”, troppo distante dalla sua vita dura trascorsa tra mercati e fatiche. Quando suo figlio Volodia aveva perso il lavoro, erano costretti a trasferirsi da lei. Da quel momento, la convivenza si era trasformata in una tortura silenziosa.

Un pomeriggio, durante una cena tesa, la tensione scoppiò. Natasha, stanca e nervosa, rimproverò Volodia per aver lasciato cadere la zuppa sul pavimento. Lui rise, senza prendere sul serio la sua frustrazione, e la madre di lui, irritata, alzò la mano colpendo Natasha con uno schiaffo improvviso.

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Lo stupore paralizzò Natasha. Era la prima volta che Irina usava la violenza fisica, e il gesto le fece male non solo sul volto, ma dentro l’anima. Volodia, invece di difenderla, scoppiò a ridere, deridendo la moglie davanti a sua madre. Le parole pungenti di entrambi furono la goccia che fece traboccare il vaso.

Senza pensarci, Natasha afferrò la sua borsa e uscì di casa, lasciando dietro di sé un silenzio assordante. Volodia si limitò a voltarsi, rimasto solo con la madre, convinto che “tornasse presto”.

Ma la mattina seguente, la casa era deserta. Nessuna traccia di Natasha. Né i suoi libri, né i vestiti, né il telefono erano rimasti. Volodia aprì gli occhi e si trovò davanti a un vuoto che non riusciva a comprendere. Chiamò sua madre, che indossava ancora la vestaglia, e insieme perquisirono l’appartamento, incapaci di spiegare cosa fosse successo.

“Dove è finita?” chiese Volodia, la voce piena di confusione e rabbia.

Irina Viktorovna scrollò le spalle, ma dentro di sé sapeva che quella volta era andata troppo oltre. La donna che aveva sempre disprezzato se n’era andata, portandosi via anche il poco che aveva.

Il silenzio in casa era la punizione più dura: la presenza di Natasha mancava più di ogni parola.