Avevo ordinato un test del DNA per noia. Davvero, solo per curiosità

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Avevo ordinato un test del DNA per noia. Davvero, solo per curiosità. Lo avevo visto in promozione online e, come molti, volevo scoprire se avevo origini esotiche o antenati vichinghi da qualche parte. Mai mi sarei aspettato che, qualche settimana dopo, una notifica mi comunicasse la cosa più sconvolgente della mia vita: avevo un fratello biologico.

Non un cugino di quarto grado. Un fratello. Condividiamo il 50% del DNA. Il suo nome era Luca. Cinque anni più grande di me. Mai sentito nominare.

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All’inizio pensai a un errore. Ma più guardavo il suo profilo, la sua foto, i dati condivisi, più qualcosa dentro di me si agitava. Aveva i miei stessi occhi, lo stesso mento sporgente di nostro padre. Solo che… nostro padre, mio padre, non aveva mai detto nulla di lui.

La sera stessa andai a casa dei miei, agitatissimo. Mia madre mi guardò con perplessità quando entrai senza salutare, stringendo lo smartphone tra le mani. Ma non fu lei il mio obiettivo. Era mio padre, in salotto, a guardare un documentario sulla Seconda Guerra Mondiale come se nulla stesse crollando attorno a noi.

Gli mostrai il test.

«Cos’è questo?» domandò.

«Un test del DNA. Ho un fratello, papà. Si chiama Luca. Sai chi è?»

Il modo in cui abbassò lo sguardo fu la risposta più chiara di tutte. «Dev’esserci un errore, questi test sbagliano spesso…»

«Papà.»

«Ascolta, certe cose… sono complesse. Non tutto può essere spiegato così.»

«È un sì? È tuo figlio?»

Ma a quel punto, aveva già alzato il volume della TV. Non mi rispose più.

Contattai Luca due giorni dopo. Il suo messaggio fu breve, quasi impaurito:
Incontriamoci. Al caffè accanto al mercato. Sabato alle 11.

Quando lo vidi arrivare, mi sembrò stranamente familiare. Come se lo avessi già conosciuto, già visto. Eppure no. Almeno, non che ricordassi.

Ci sedemmo. Le prime parole furono impacciate. Poi, all’improvviso, lui mi chiese:

«Ti ricordi il lago vicino alla vecchia casa? E il nostro cane?»

Rimasi perplesso. «No. Non abbiamo vissuto insieme. Ho appena saputo della tua esistenza.»

Lui mi fissò. Il suo sguardo cambiò.

Poi sussurrò, come se dicesse qualcosa di proibito:
«Non ti hanno mai detto chi sono davvero?»

Mi gelai. «No.»

Silenzio. Poi:
«Quindi non ti ricordi nemmeno quel giorno?»

«Quale giorno?»

Si piegò in avanti, come se volesse proteggere le parole dal mondo.

«Avevamo sei e undici anni. Tu sei caduto nel lago. Io ti ho tirato fuori. C’erano i soccorsi, una donna urlava. Poi… poi non ti ho più visto. I tuoi genitori ti hanno portato via. Mia madre mi ha detto che eri stato adottato da un’altra famiglia. Non potevo capire. Pensavo fossimo fratelli. E lo eravamo. Ma non me l’hanno mai più permesso. Tu sei sparito.»