—Quell’appartamento deve essere solo tuo! —strillava con furore la voce stridula di Svetlana al telefono—. Solo così potrai tenerla a bada, quella testarda di tua moglie! Sotto controllo, come un cane legato corto!
Qualche ora prima, Vera era uscita sul balcone per stendere i panni. L’aria portava già con sé il profumo pungente dell’inverno. Aveva le mani gelate, ma ci era abituata: pochi minuti, e poi sarebbe tornata al calore della casa. Mentre pinzava una camicia, le arrivarono delle voci da dentro. Una era quella di Pavel, suo marito. Ma non doveva essere in riunione?
Il caso aveva voluto che anche Vera, quel giorno, restasse a casa. Una perdita d’acqua nell’ufficio dove lavorava aveva costretto tutti a prendersi un giorno di ferie. Un imprevisto fortunato. E, a quanto pareva, illuminante.
Non rientrò subito. Rimase in silenzio, nascosta dalla tenda svolazzante. Pavel stava parlando con la madre usando il vivavoce. Le loro parole attraversavano le pareti come lame sottili.
—Ho già trovato un acquirente per la casa di Vera —diceva Pavel, mentre sgranocchiava qualcosa—. E appena vendiamo anche questa, possiamo finalmente prenderne una nuova. Più grande.
—Bene —replicò la madre con voce acida—. Ma sii furbo! L’appartamento nuovo dev’essere intestato solo a te. Capito? Niente nomi condivisi! Se no quella ti butta fuori al primo litigio!
Un groviglio di emozioni montò in Vera: rabbia, delusione, ma anche una fredda lucidità. Dieci anni di matrimonio, una figlia, notti insonni, mutui, rinunce… e adesso, tutto ridotto a un gioco sporco alle sue spalle.
—Mangia quello che cucino, dorme sotto un tetto costruito con i miei sacrifici… e progetta con la mamma come fregarmi —pensò amaramente.
Quella notte non dormì. Ma non si disperò. Pensò. Rifletté. E prese una decisione.
Il mattino seguente, dopo aver confermato la vendita degli immobili, compose con calma un numero ben noto.
—Buongiorno, signora Svetlana. Spero stia bene —disse Vera con voce gentile ma ferma—. Volevo condividere con lei una splendida novità: abbiamo venduto entrambe le case!
—Come? Già? —balbettò la donna dall’altro capo della linea.
—Sì, e abbiamo già scelto quella nuova. Si firma venerdì. È andato tutto liscio, sa?
—E… a chi sarà intestata? —chiese la suocera, trattenendo a fatica il panico.
—Solo a me —rispose Vera, glaciale—. La casa ereditata era mia, e metà di quest’ultima pure. Ho deciso di tutelare me stessa. E nostra figlia. Pavel… ha acconsentito.
—Lui ha… acconsentito?! —gridò la madre, incredula.
—Esatto. Perché questa nuova casa sarà nostra, mia e di mia figlia. E forse un giorno anche di qualcun altro. Ma non sarà mai un terreno di conquista per giochi familiari o tentativi di controllo.
—Aspetta, ma…
—Non c’è nulla da aspettare. Chi vivrà con me, lo farà alle mie condizioni. Punto.
Riattaccò.
Fece un respiro profondo. E sorrise.
Lasciate che tramino pure, pensò. Ma in casa mia, le regole le decido io.
Perché la dignità è la vera proprietà che nessuno potrà mai rubarti.