L’uomo giaceva sul bordo del marciapiede, le spalle curve e il volto affondato tra le mani, come se volesse scomparire dal mondo.

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Le spalle curve di un uomo anziano erano coperte da una coperta sfilacciata, macchiata dal tempo e dalla vita trascorsa ai margini. Viveva per strada.

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Nessuno lo chiamava per nome. Per tutti, era solo “il vecchio del ponte”. Una figura silenziosa che sembrava scolpita nel paesaggio urbano, invisibile e dimenticata.

Quella mattina, però, mentre il gelo tagliava l’aria, accadde qualcosa di insolito: una donna si fermò davanti a lui.

Camminava con eleganza e passo deciso, un cappotto elegante le accarezzava le gambe, mentre i suoi lunghi capelli ondeggiavano al ritmo del vento. Il suo profumo lasciava una scia delicata, quasi irreale.

L’uomo alzò gli occhi, diffidente.

«Non ho niente da darti,» mormorò, sperando che se ne andasse come tutti gli altri.

Lei, invece, sorrise.

Un sorriso pieno di umanità.

«Non voglio soldi né offerte. Ti invito a pranzo.»

Lui rise amaramente, con un filo di voce:

«Certo… magari dopo la mia riunione con il re d’Inghilterra.»

Lei non si mosse. Gli tese la mano.

«Solo un pasto. E un po’ di compagnia.»

Un agente della sicurezza del quartiere si avvicinò, allarmato.

«Tutto bene, signora?»

Lei annuì con un’espressione pacata.

«Sì, desidero semplicemente sedermi a mangiare con lui.»

L’agente la guardò meglio. La riconobbe.

«Mi scusi… è la signora De Sá, vero? La presidente della fondazione Horizon?»

«Esatto,» rispose lei. «E oggi voglio pranzare con lui.»

L’uomo esitò, poi fece un cenno rispettoso e si allontanò.

Non senza fatica, l’anziano si alzò. I due entrarono insieme in un ristorante raffinato, dove i tavoli erano ricoperti da tovaglie immacolate e la luce filtrava da enormi vetrate.

Il maître si affrettò a intervenire.

«Mi dispiace, signora, ma quest’uomo… non possiamo accettarlo qui. Potrebbe disturbare gli altri ospiti.»

Lei lo fissò con uno sguardo calmo ma fermo.

«Le dice niente il nome Horizon Foundation?»

Il volto del maître si fece teso.

«Certo… uno dei nostri principali finanziatori.»

«Appunto. Io sono Ana De Sá. E credo che sia arrivato il momento di rivedere le vostre priorità.»

L’uomo si zittì.

Si accomodarono in un angolo tranquillo. Il vecchio tremava, spaesato. Le mani stringevano il tovagliolo come se fosse un’ancora.

Ana lo guardò con dolcezza.

«Non mi riconosci, vero?»

Lui la fissò, perplesso.

«No… ma la voce… qualcosa mi dice che ci siamo già incontrati.»

«Avevo dodici anni. Sporca, affamata. Entrai qui di nascosto, cercando solo un po’ di calore. Tu lavoravi come lavapiatti, e mi hai notata. Mi hai portato un pezzo di pane, del formaggio, e mi hai detto: ‘Non lasciare che il freddo ti fermi. Cammina sempre, piccola.’»

L’uomo sgranò gli occhi.

«Tu… eri quella bambina…»

Lei annuì.

«Sì. E ora tocca a me tendere la mano. C’è un posto per te. Una stanza calda, vestiti puliti, e qualcuno che ti aspetta.»

Lui scosse la testa, incredulo.

«Perché…?»

Ana gli sorrise con dolcezza.

«Perché un giorno hai scelto la gentilezza, senza sapere che stavi cambiando una vita. E oggi quella vita torna per dirti grazie.»

Prima di andarsene, Ana si rivolse al cameriere con un tono gentile:

«Ricordi… la vera eleganza non è nell’abito che si indossa, ma nel modo in cui si tratta chi ci sta di fronte.»

Il cameriere abbassò lo sguardo.

L’agente, all’esterno, la salutò con commozione.

«Signora… oggi ho visto qualcosa che non dimenticherò mai.»

«Neppure io,» rispose Ana. «Neppure io.»