Il fuoco non brucia sempre. A volte, scalda. È solo questione di imparare a respirare nel ritmo giust.

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Clara aveva ventisei anni, una carriera promettente come architetta d’interni a Milano e un fidanzato, Marco, affidabile, benestante, pianificatore fino al midollo. Ma ogni volta che lui parlava di mutui, SUV e weekend in Versilia, qualcosa in lei si spegneva.

Lo capì durante un viaggio in Tanzania, organizzato per una rivista di design sostenibile. Doveva documentare l’evoluzione delle architetture vernacolari. Ma fu lì, tra il rosso della terra e il cielo sconfinato, che incontrò Akin, guida locale e scultore autodidatta.

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Akin non aveva nulla che appartenesse al mondo di Clara — né un conto in banca, né una laurea, né la pretesa di “fare carriera”. Aveva invece occhi che ardevano, mani forti, e una voce che sembrava parlare direttamente all’anima. La portò in villaggi nascosti, le fece toccare l’alba con le dita, le raccontò storie senza tempo.

Quando Clara tornò a Milano, tutto le sembrava vuoto. Il fidanzato, i mobili di design, persino il suo appartamento con parquet chiaro e luci calde sembrava più una vetrina che una casa. Così fece ciò che nessuno si aspettava: lasciò tutto. Marco, il lavoro, la città.

Parte I: La Capanna
Clara e Akin si sposarono in una cerimonia semplice, tra tamburi, sorrisi e canti. Si trasferirono in una capanna di fango e paglia, ai margini di un villaggio nella savana del Ruaha.

Non c’era acqua calda, né fornelli a gas. Lavavano i panni nel fiume, cucinavano con legna secca, e la notte dormivano avvolti in una zanzariera, con le stelle come soffitto.

All’inizio fu difficile. Il caldo soffocante, i serpenti, la nostalgia. Ma ogni volta che Clara crollava, Akin la prendeva tra le braccia e le diceva:

“Il fuoco non brucia sempre. A volte, scalda. È solo questione di imparare a respirare nel ritmo giusto.”

Parte II: La Bambina del Vento
Dopo un anno nacque Lailah. Pelle scura come il padre, occhi chiari come la madre, e un’energia che sembrava muovere l’aria attorno a lei. Una creatura solare, sfuggente, profonda. I vecchi del villaggio dicevano:

“È nata con dentro il battito degli antenati.”

Ma non tutti erano felici. Alcune donne la guardavano con diffidenza. Alcuni uomini mormoravano che Clara fosse una strega bianca, che aveva incantato Akin. Le dicerie crebbero.

Un giorno, Clara sentì due donne parlare dietro di lei:

— La loro figlia non è come gli altri. È mezzo spirito.
— E lei… non durerà.

Fu allora che comprese che non bastava amare. Bisognava appartenere. Così Clara imparò il kiswahili, aiutò a costruire un pozzo, insegnò ai bambini del villaggio a leggere e scrivere.

Si guadagnò il rispetto. Non perché fosse europea, ma perché restò quando sarebbe stato più facile fuggire.